di Tiziano Gianotti, D la Repubblica delle donne (10/07/2010)
Scheda del libro: Pioggia di giugno, di Jabbour Douaihy
Corale in nero, il romanzo a più voci del libanese Jabbour Douaihy, è una delle belle sorprese della stagione. Libano, un paese arroccato, “un luogo zeppo di pini dritti come donne in lutto”. La faida tra due famiglie di maroniti, prologo alla guerra civile che poi divamperà. Un fatto di sangue nel paese di Burj al-Hawa, nel giugno ’57: ventotto morti, tra cui quattro donne – si è sparato nella chiesa, sul sagrato, nella piazza. Dohuaihy apre sui ricordi di un ragazzino, il pianto incomprensibile dell’autista del bus che lo riporta con i compagni al paese. Un carro armato, i soldati, le donne che aspettano i ragazzi per accompagnarli e fare da scudo. Il tragitto guardandosi attorno, dietro le spalle, ai vicoli. Il senso di minaccia incombente e poi la rivelazione: dieci uomini stesi su dieci letti, all’aperto.
Dieci salme. Stacco, e un ragazzino – forse lo stesso, forse un altro – raccontano di Elia, già loro compagno di giochi, poi spedito dalla madre a scuola a Beirut, da dove è tornato un altro: schivo, tutto libri e lettura, remoto. L’anno dopo è ricomparso con una fisarmonica color vinaccia, e allo scoppio della guerra è partito per l’America. È lui, Elia che torna più di venti anni dopo, la figura centrale attorno a cui si compone il dramma e si dispongono i figuranti. Come Farid detto Prugna-da-orsi, vanità e orgoglio e basta, un apprendista sarto innamorato della propria immagine, della sua Colt e di una ex bella donna. Uno di quei maschi da caffè che sembrano far parte del paesaggio: torvi e di poche parole, indolenti e pronti a cedere alla violenza insensata. Sono gli stessi che Elia ritrova tornando al paese per riabbracciare la vecchia madre che lo aspettava: quell’anno Elia avrebbe compiuto i 43 anni che aveva il padre quando venne ucciso a Burj al-Hawa. Attorno a quel fatto di sangue, alla figura del padre e alla reticente premura della madre, Dohuaihy impalca il dramma di una vita incompiuta, quella di Elia, che via via scopriamo figura della estraneità e dell’incertezza.
Un narratore esterno lo segue e riporta gli appunti che lui scrive su un quaderno – ma a un certo punto irrompe la voce della madre Kamleh, ormai cieca, che ha concepito il figlio un attimo prima della disgrazia (qualcuno dice dopo) e poi lo ha allontanato dal paese, dal Libano, nel mondo grande. Poi altri figuranti e voci, un glossario narrato che è cronaca e perplessità, altre storie di una triste terra. Altre vite incompiute, un coro in lutto e fermo. A spiccare è l’emblematico protagonista: Elia che sta provando per la prima volta a raccontare la vera storia di sé, della sua famiglia, della sua terra. Una storia di perdita, che ora ha il suo romanzo.
Scheda del libro: Pioggia di giugno, di Jabbour Douaihy